D: Stefania Sperandio: autrice di romanzi ed esperta ed appassionata di videogame. Una vita dedicata alla scrittura ed alla critica; raccontaci qualcosa di te!

Dico sempre che è tutta “colpa” della mia maestra di italiano: fu lei a dirmi di dedicarmi alla scrittura e dopo tutti questi anni mi piace pensare che avesse ragione. Scrivo tanto, spesso cose lunghissime, e ho avuto la fortuna di far coincidere professione e passioni. Posso raccontare una curiosità: quando ero bambina, creavo fumetti con storie inedite che avevano per protagonisti i personaggi dei miei videogiochi preferiti. Per fortuna, crescendo ho ammesso davanti a me stessa che quei disegni fossero terribili (è già un complimento, credimi), e mi sono tenuta stretta solo l’amore per i videogiochi e quello per la narrazione.

D: Sedici anni passati in redazioni giornalistiche dedicate ai videogame con un percorso invidiabile che ti ha visto partire da redattrice ed arrivare alla funzione di responsabile del progetto editoriale di SpazioGames. Ci racconti questo viaggio?

Come tutte le cose belle che ti accompagnano per lungo tempo nella tua vita, è iniziato per caso. Nel 2005 bazzicavo per i forum della Rete e mi divertivo a pubblicare delle mie recensioni in uno dedicato ai videogiochi: ero cresciuta con in mano le riviste dell’epoca e mi piaceva l’idea di scrivere articoli tutti miei. Venni notata dal responsabile di un sito specializzato che mi chiese di entrare nel suo team. Da allora ho vissuto diverse realtà, sia specificamente dedicate ai videogiochi che su portali orizzontali che mi hanno accolta tra le penne che scrivevano nella sezione gaming. A febbraio 2012, poi, l’approdo in SpazioGames dove inizialmente rivestivo il ruolo di newser. Via via, ho iniziato ad avere più spazio e a proporre anche recensioni e approfondimenti, arrivando tra il 2015 e il 2016 al ruolo di coordinatrice dell’intera sezione notizie. Da febbraio 2020, infine, mi è stata affidata la guida della redazione. E adesso siamo qui!

D: Donne e videogame spesso sono ancora visti come mondi lontani. In sedici anni di “militanza” nel settore come si è evoluto il rapporto del mondo femminile con questo medium?

Sedici anni nel videogioco sono almeno tre ere geologiche, e la regola vale anche per la comunicazione online. Ora che le distanze sono davvero azzerate, sono sempre di più le videogiocatrici con cui ho la possibilità di interagire, oltre alle colleghe che vedo consolidarsi o affacciarsi in questo mondo. Penso che l’eterogeneità dei punti di vista sia un grande valore aggiunto e sia fondamentale per aiutare il videogioco, che è ancora molto giovane, a crescere come medium. Se una quindicina di anni fa per molti suonava davvero strano – uso un eufemismo – che esistessero le videogiocatrici, perché il gaming è stato etichettato e commercializzato come un intrattenimento che si rivolgeva prevalentemente agli uomini, oggi siamo tante a studiarlo, a volerne parlare, semplicemente a godercelo. Allo stesso modo, anche i giocatori uomini non vengono più visti come delle specie di “emarginati perdigiorno” da chi non mastica nulla di videogiochi: sono molti i concetti in evoluzione, complice anche la grande crescita avuta dal mercato in questi ultimi anni.

Il dibattito sulle giocatrici esiste ancora, ci sono molte resistenze in alcune parti della community, ma la presenza femminile è costante, diversificata e crescente. Si tratta di un passo in avanti fondamentale: nessuno si interroga su quante siano le amanti del cinema o dei libri, né pensa che debbano “dimostrare” qualcosa per dichiararsi tali, come in alcuni casi accade alle giocatrici. Il videogioco si sta muovendo in questa direzione e lo sta facendo anche nei suoi contenuti: il titolo più premiato della storia del medium e il più importante della generazione di PlayStation 4, per fare un esempio, è uscito lo scorso anno e ha due protagoniste (The Last of Us – Parte II). Questo, in un mercato dove solo nel 2013 un team di sviluppo raccontò di non trovare un’etichetta disposta a pubblicare il suo gioco (Remember Me), perché il fatto che avesse una protagonista femminile lo faceva reputare commercialmente debole. E, in tutto questo, entra anche la presenza delle giocatrici professioniste: un’altra realtà in crescita, che si sta affermando a forza di talento.

Sono tutte cose che erano difficili da immaginare, nel 2005: la voglia delle videogiocatrici di prendere finalmente il loro spazio in un medium a cui spesso si dedicavano già, ma senza parlarne per non incappare in fastidiosi teatrini, le professioniste degli eSport e, ammetto, anche una donna alla guida di una testata storica e importante come quella a cui orgogliosamente mi dedico. Sedici anni hanno fatto tanta differenza e sono davvero curiosa di vedere a che punto saremo arrivati, tra altrettanti.

D: Una donna al comando in un mondo (il giornalismo) e in un settore (i videogame) dove le figure maschili sono predominanti. Quali le sfide più ardue che hai dovuto combattere per arrivare e mantenere questa posizione? È stata una sfida paritaria con i tuoi colleghi di sesso maschile?

Le persone si rapportano in modo diverso con il trovare delle donne in aree di lavoro solitamente maschili. In questi sedici anni ho avuto tanti colleghi (e colleghe), coordinatori e redattori di straordinaria educazione e competenza, provo sempre gratitudine quando ripenso a tutti quelli con cui ho interagito a cui non interessava che fossi uomo, donna, bella o brutta: gli interessava quello che facevo, come lo facevo, in che modo potessi aiutarli nel loro lavoro o in che modo loro potessero aiutare me con il mio. È la cosa migliore che possa capitare: ‘Stefania, ho bisogno di te in fiera o a questo evento perché voglio i tuoi articoli su questo, questo e quello’, chiaro e semplice.

L’altra faccia della medaglia è ovviamente rappresentata dagli scettici, o come dico io “dai poco coraggiosi”, che in un settore come questo purtroppo non mancano: molti anni fa mi è capitato di propormi per un lavoro e di sentirmi dire di avere tutta l’esperienza e le competenze per gestirlo, ma di venire scartata perché, cito letteralmente, ‘dobbiamo anche chiederci chi ci prenderebbe sul serio se ci presentassimo con una donna’. È stato l’unico momento in questi sedici anni in cui ho pensato di mollare tutto e dedicarmi ad altro, che stavo svuotando l’oceano con un cucchiaino e che per giunta lo stavo facendo da sola: sicuramente sono state risposte così, la sfida più ardua. Col tempo, però, mi sono accorta che venire rimbalzata con parole come quelle, contro ogni aspettativa di chi le proferisce, è diventato un grande innesco motivazionale. Vale la pena continuare a scalare anche quando le pareti si fanno ripide, non puoi mai sapere che panorama ci troverai dietro.

D: Con Spazio Games hai vissuto la crescita del sito, la sua evoluzione e l’attuale successo di lettori e risultati! Cosa è cambiato in questi anni e quali le motivazioni alla base dell’attuale successo?

Il rapporto tra lettore e redattore è diventato estremamente più diretto. Un tempo la nostra presenza su SpazioGames era un nome nemmeno troppo in evidenza in calce a un articolo. Oggi, un redattore è una figura che interagisce a trecentosessanta gradi con il suo pubblico: alle origini del web 2.0 la cosa era già diventata più diretta, ma nell’epoca dei social, della comunicazione attraverso i canali video e perfino di quella in diretta su piattaforme come Twitch, non esistono più distanze.

SpazioGames ha continuato a lavorare in questa direzione e un aspetto su cui stiamo puntando fortemente è la continuità: i nostri lettori sanno cosa aspettarsi dalle firme dei nostri articoli, perché hanno imparato a conoscere chi ha tenuto per mano il loro sito preferito in tutti questi anni. Il rapporto di fiducia con i lettori è una delle cose più preziose di cui il nostro pubblico ci ha fatto dono, e ci ha incoraggiato a inaugurare, nell’ultimo anno, un approccio del tutto incentrato sul discutere sul videogioco, proprio come si farebbe con qualsiasi altro medium. Le recensioni sono la minima punta dell’iceberg: proponiamo costantemente degli editoriali e degli approfondimenti in cui interpelliamo personalità dell’industria e non, o in cui riflettiamo sui temi caldi del settore e, soprattutto, prendiamo posizione esprimendo un punto di vista. A partire da quello, i lettori mettono sul banco anche le loro riflessioni e nascono così ulteriori spunti che permettono di vedere sfaccettature nei videogiochi che altrimenti passerebbero inosservate.

Se, insomma, tanti anni fa il rapporto con la testata era più passivo, oggi non solo è più diretto, ma incoraggia anche a disquisire dei videogiochi in un certo modo: parliamo di un mezzo di comunicazione più capillare che mai e guardarlo tenendo conto tanto del significante quanto del significato è alla base di SpazioGames.

D: Cosa cerca oggi da una testata giornalistica specializzata il lettore appassionato di videogame?

I videogiocatori che frequentano una testata specializzata come SpazioGames sono estremamente appassionati: per questo, si aspettano altrettanto da chi gli scrive. A volersi informare costantemente, a seguire ogni singola notizia sui videogiochi usciti o in arrivo sono le persone più affezionate al medium. Si tratta di lettori che cercano prima di tutto competenza, ma anche originalità e confronto: basti, come esempio, che in alcuni casi sono stati gli stessi lettori a invitarci a “svelarci” di più con i nostri articoli. Ai videogiocatori piace scoprire sia il videogioco che il videogiocatore che glielo racconta.

D: Quali sono gli elementi base ai quali un prodotto editoriale di successo non può sottrarsi?

Per la nostra proposta editoriale è di importanza fondamentale l’unicità. I videogiochi sono cambiati tantissimo negli ultimi vent’anni, eppure fino a non troppo tempo fa si continuava a scrivere di videogiochi proprio come avremmo fatto tre generazioni prima. Questo mezzo di comunicazione ha nel suo nome una sorta di condanna, il fatto che molti riconducano la parola “giochi” a “giocattolo”, credendo che l’attività ludica sia prerogativa del bambino. Al di là del fatto che i game studies ci spiegano da decenni che non è così, questo è lo spunto su cui stiamo costruendo il futuro di SpazioGames: mettere in evidenza tutti gli aspetti per cui quest’industria sia diversa dalle altre dell’intrattenimento – tanto nelle esperienze che offre quanto in ciò che è necessario per renderle possibili. Se non è la stampa specializzata la prima a evidenziare quante sfaccettature abbia il videogioco, chi dovrebbe farlo?

D: Da quando sei al comando di SpazioGames quale è stato il contenuto che ti ha dato più soddisfazione realizzare o far realizzare dalla tua redazione?

Davvero difficile scegliere, ma i miei preferiti sono sempre quelli in cui indaghiamo sul videogioco. Nell’ultimo anno abbiamo ospitato sulle nostre pagine diversi accademici, oltre ad aver interpellato alcuni esperti del mercato o colleghi d’oltreoceano, per proporre ai nostri lettori virgolettati esclusivi arrivati da punti di vista fortemente specializzati. Pochi giorni fa, per citare un esempio, abbiamo interagito con il giornalista Jason Schreier di Bloomberg per approfondire il suo nuovo libro dedicato all’industria dei videogiochi.

Se dovessi citare il contenuto che ho realizzato e che mi ha dato più soddisfazione, direi la serie di video documentari che raccontano la saga Metal Gear (siamo oltre le quattro ore totali di durata) e il video documentario che ripercorre i vent’anni di Arkane Studios: in quest’ultimo caso ci ho lavorato per oltre due mesi ed è stato intrigante recuperare le mie vecchie interviste fatte con il team di Lione, oltre ad alcuni titoli storici che hanno segnato il percorso della software house.

La soddisfazione più in vista dell’ultimo anno però, probabilmente, ci è arrivata dai The Game Awards: per la prima volta nella sua storia, SpazioGames è stato contattato da Geoff Keighley, il più celebre tra i giornalisti e presentatori di eventi videoludici al mondo, per entrare nella giuria degli “oscar dei videogiochi”, a cui abbiamo preso parte lo scorso dicembre.

D: Mondo dei videogame, editoria e futuro: cosa possiamo aspettarci da Stefania e SpazioGames nel prossimo periodo?

Nei videogiochi amo scoprire storie. Mondi, personaggi, modi unici di passare dalla fabula all’intreccio. È quello a cui mi dedico anche nel tempo libero, scrivendo storie originali e tutte mie, ed è così che mi piace configurarmi il futuro di SpazioGames: abbiamo scritto solo il prologo di un nuovo volume in una saga ventennale. Potete aspettarvi continuità, un concetto che ho già definito come parola chiave del lavoro che stiamo facendo. Costanza, competenza. E, soprattutto, se siete innamorati del videogioco potete aspettarvi di sentirvi sempre a casa – perché lo siamo anche noi.

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